Il primo incontro tra il Giappone e Roma: l’Ambasciata Tenshō

Nel 1582, in un’epoca di profondi cambiamenti e scambi culturali, si svolse una delle missioni diplomatiche più affascinanti nella storia del Giappone e dell’Europa, che durò oltre otto anni: la missione Tenshō. Nota anche come ambasciata Tenshō, questa delegazione giapponese era composta da quattro giovani samurai inviati in Europa con l’obiettivo di stabilire contatti diplomatici e alleanze.

Un Ponte Tra Due Mondi

L’idea della missione Tenshō fu concepita da Alessandro Valignano, un gesuita italiano impegnato in attività missionarie nell’Estremo Oriente dal 1573. Una volta giunto in Giappone, Valignano si rese conto che i costumi locali erano molto diversi da quelli europei e che, a causa della grande distanza, il Giappone aveva un’immagine distorta dell’Europa. Infatti, la ricchezza, l’evoluzione e il potere dei paesi europei erano per i giapponesi solo un lontano eco di notizie, spesso considerate infondate, poiché ciò che avevano visto dell’Europa erano solo i missionari, che i giapponesi consideravano persone di basso rango arrivate nel loro paese in cerca di fortuna.
Valignano rimase estremamente colpito dalla bellezza e dalla raffinatezza della cultura giapponese e dalla forza quasi “divina” che il leader Oda Nobunaga trasmetteva. Per gli europei era impensabile che altre culture al di fuori dei propri confini potessero essere altro che barbariche. Valignano capì che, se non avesse visto il Giappone con i propri occhi, non avrebbe mai potuto credere al suo splendore. Quando Nobunaga gli mostrò dei dipinti commissionati per adornare il suo palazzo e che aveva deciso di donare a Roma per mostrare la potenza e la ricchezza del Giappone, Valignano ebbe un’idea.
Decise che questi doni non sarebbero stati presentati da lui, ma da giovani nobili giapponesi. Essi avrebbero dimostrato al tempo stesso la loro intelligenza, cultura ed eleganza alle corti europee e raccontato al Giappone della magnificenza dell’Europa. Nacque così l’idea dell’ambasciata Tenshō, la prima che avrebbe permesso l’incontro tra due città eterne: Kyoto e Roma.

Il Viaggio verso l’Occidente

Vennero scelti quattro ragazzi per svolgere il compito di ambasciatori. Tutti loro provenivano dalle maggiori famiglie daimyō cristiane presenti in Giappone all’epoca: Itō Mancio, Michele Chijiwa, Giuliano Nakaura e Martino Hara. Il più grande di loro aveva solo quattordici anni. La missione Tenshō (i ragazzi e un gruppo di accompagnatori tra cui il gesuita Diogo de Mesquita, che avrebbe fatto loro da interprete) iniziò il suo viaggio il 20 febbraio 1582, partendo dal Giappone dal porto di Nagasaki e dirigendosi verso il continente europeo. Dopo aver fatto tappa nelle colonie Macau e Goa (dove si separarono da Valignano), la missione sbarcò a Lisbona l’11 agosto 1584, dove furono accolti dalla nobiltà locale. Da lì proseguirono per la Spagna, dove furono ricevuti dar re Filippo II a Madrid. 

L’arrivo in Italia

L’ambasciata Tenshō arrivò in Italia sbarcando a Livorno il 1° marzo 1585. L’arrivo fu accolto con grande entusiasmo, dato il carattere eccezionale della loro presenza e il mistero che circondava il Giappone, allora ancora relativamente sconosciuto in Europa. La prima tappa fu Firenze, dove furono accolti dal Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici e da sua moglie Bianca Cappello. Quest’ultima e le sue dame furono entusiaste di incontrarli e danzarono insieme ai quattro giovani, che, pur seguendo timidamente e con eleganza i loro passi, erano visibilmente estranei alle danze a cui erano abituati. La loro galanteria e grazia lasciarono un’impressione duratura su tutti.

Finalmente a Roma

A Roma, la missione Tenshō ricevette un’accoglienza calorosa da parte delle autorità ecclesiastiche e politiche. Papa Gregorio XIII, profondamente interessato alle notizie provenienti dall’Asia, desiderava ardentemente incontrarli e, nonostante la sua salute sempre più precaria, si sforzò di essere in forze per poterli conoscere. Il suo volto si illuminò quando finalmente ricevette i giovani nobili giapponesi. A turno, i membri della missione posero il loro saluto al Papa, che li abbracciò con calore. Il Papa offrì loro un’ospitalità calorosa e li richiamò diverse volte, dimostrandosi particolarmente curioso riguardo alla cultura e alle usanze giapponesi, e discutendo con loro sul futuro della Chiesa in Giappone.
Durante la loro permanenza a Roma, i membri della missione furono invitati a eventi e celebrazioni pubbliche, avendo l’opportunità di incontrare importanti figure della Chiesa e della nobiltà romana, e furono ufficialmente e formalmente nominati cittadini romani. Questi incontri furono documentati con dettagli vivaci, mostrando il fascino dello scambio culturale e il reciproco stupore tra i visitatori giapponesi e i loro ospiti europei. Gregorio XIII morì diciotto giorni dopo il primo incontro con l’ambasciata Tenshō e, poco prima di morire, chiese notizie sulla loro salute. I quattro giovani non avevano avuto idea fino a quel momento che fosse malato.
Anche il suo successore, Sisto V, li ricevette con tutti gli onori e li volle accanto a sé il giorno della sua incoronazione papale. In un periodo in cui il potere della Chiesa cattolica era messo in discussione dalle riforme luterane e dai sovrani considerati eretici, come la regina Elisabetta I d’Inghilterra, l’idea che una cultura raffinata come quella giapponese potesse allearsi con Roma e portare la Chiesa cattolica nella loro terra natale era una prospettiva che il nuovo Papa non voleva perdere. Fece dono loro della chiesa di Santa Maria dell’Orto, che da allora è diventata il luogo di culto di riferimento per la comunità cattolica giapponese nella capitale italiana. Infine, come ultimo onore, li investì dell’ordine cavalleresco pontificio dello Sperone d’Oro in una cerimonia ufficiale a San Pietro: erano ufficialmente nobili cavalieri in entrambi i mondi, quello orientale e quello occidentale.

Il Ritorno in Giappone

Il viaggio di ritorno in Giappone, accompagnati nuovamente da Valignano dopo tanto tempo, durò quattro anni. I quattro giovani avevano lasciato l’Europa pervasa da un sentimento di entusiasmo. Almeno settantasei opere pubblicate in italiano, spagnolo, portoghese, latino, francese e tedesco raccontavano dell’evento; lettere e pubblicazioni raggiunsero ogni parte d’Europa.
A questo punto mancava solo uno degli obiettivi della missione: raccontare dell’Europa al Giappone. L’ambasciata Tenshō sbarcò a Nagasaki il 21 luglio 1590, ma trovarono il Giappone molto cambiato rispetto a quando lo avevano lasciato. Oda Nobunaga non c’era più e il paese, in guerra interna da anni, aveva raggiunto la pace sotto la guida di Toyotomi Hideyoshi, che però, a differenza di Nobunaga, non apprezzava la presenza della religione cristiana e aveva deciso di espellere i missionari con un editto emanato due anni prima.
L’ambasciata Tenshō aveva riportato numerosissimi manufatti che spaziavano dall’arte alla musica, dalla tecnologia alla letteratura, donati loro dalle varie corti e città europee che li avevano ospitati. Questi oggetti, insieme ai loro racconti, suscitarono grande curiosità e stupore tra i giapponesi riguardo alla civiltà e alla cultura europea. Anche Toyotomi Hideyoshi desiderò ascoltare direttamente dalle loro parole quale fosse la vera Europa. Tuttavia, nonostante ciò (o forse proprio per aver ricevuto queste informazioni da nobili connazionali), non cambiò idea sulla società occidentale e, in particolare, sulla sua religione. Anni dopo, promulgò un editto ancora più severo contro chi professava la religione cristiana in Giappone, probabilmente visto come una minaccia alla pace e all’unità che il paese aveva raggiunto dopo decenni di guerra interna.

L’Eredità della Missione Tenshō

Con l’esclusione dei giochi di potere e della mentalità “colonizzatrice” che era sicuramente più forte all’epoca, si può dire che la missione rimane un esempio straordinario di incontro tra culture diverse. La missione Tenshō ebbe un impatto significativo sulla percezione reciproca tra Giappone ed Europa. Il viaggio dei membri della missione non fu solo una questione diplomatica, ma anche un’importante occasione per l’interscambio culturale. I giapponesi furono colpiti dalla cultura e dalle tecnologie europee, mentre gli europei rimasero affascinati dalla cultura e dalla civiltà giapponese. I membri della missione portarono con sé racconti delle loro esperienze e dei luoghi visitati, contribuendo a creare un’immagine affascinante del Giappone in Europa e viceversa. Sebbene non portò a una vera e propria alleanza politica o commerciale, la missione rimase un simbolo di apertura e curiosità reciproca. Fu un momento di grande rilevanza storica e culturale, che segnò un’importante interazione fra il Giappone, l’Italia e il resto d’Europa, lasciando un’impronta duratura nella storia delle relazioni internazionali. L’accoglienza calorosa ricevuta dai membri della missione contribuì a stabilire una base per future interazioni e scambi culturali tra i due mondi.

Se sei affascinato dalla storia di questa missione unica e vuoi scoprire di più, la serie TV “MAGI The Tensho Boys’ Embassy” (2019) esplora in dettaglio l’epico viaggio e le sfide affrontate dagli ambasciatori giapponesi, offrendo uno sguardo avvincente sulla loro avventura e sull’interscambio culturale tra Giappone ed Europa.

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