A Tokyo, nel quartiere di Ariake, il 27 settembre si è tenuta una manifestazione che invita a riflettere su un argomento interessante. Questo raduno, infatti, era contro le vaccinazioni e ha attirato centinaia di persone al Tokyo Rinkai Disaster Prevention Park, sollevando preoccupazioni rilevanti, soprattutto per l’elevato numero di giovani presenti. Proprio sulla partecipazione delle nuove generazioni si è scatenata una controversia, poiché sembra che l’unica motivazione per la loro presenza fosse la promessa di un compenso di ¥10.000 per partecipare alla protesta.
Sono, infatti, emerse segnalazioni che indicavano come molti studenti delle scuole superiori fossero stati attratti da post sui social media che presentavano la protesta come un’opportunità di lavoro ben remunerata. Promesse di denaro in cambio di un incremento del numero di partecipanti circolavano in gruppi online, illustrando un inquietante incrocio tra incentivi finanziari e attivismo per la salute pubblica. Mentre alcuni partecipanti sono riusciti a ricevere i pagamenti promessi, altri sono usciti a mani vuote, confrontandosi con il personale dell’evento che negava qualsiasi coinvolgimento nei pagamenti. Nel caos, voci di possibili connessioni con la yakuza nella gestione dell’evento aggiungevano un’ulteriore dose di confusione.
Lasciando la controversia da parte, la manifestazione è sintomatica di un problema più profondo e duraturo in Giappone: uno scetticismo pervasivo nei confronti dei vaccini. Ma come mai uno dei paesi più moderni del mondo ha ancora tanti dubbi e perplessità a riguardo?
Lo scetticismo vaccinale del Giappone può essere fatto risalire agli anni ’90, in particolare all’introduzione del vaccino MMR (morbillo, parotite, rosolia). Furono innumerevoli le segnalazioni di effetti collaterali gravi, tra cui meningite asettica e autismo, portarono a una forte indignazione pubblica. E sebbene, in seguito, successivi studi abbiano smentito molte di queste preoccupazioni, ormai, il danno alla fiducia pubblica era profondo. E questo non venne alleviato dal fatto che il governo decise di interrompere la promozione delle vaccinazioni.
Un caso simile si è ripetuto con il vaccino HPV, introdotto nel 2011, che inizialmente aveva visto alti tassi di adesione, ma ha subito un drammatico crollo a seguito di segnalazioni di effetti collaterali debilitanti. A seguito di ciò, nel 2013, il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare (MHLW) smise di raccomandare la somministrazione del vaccino ha ulteriormente alimentato la percezione pubblica del suo pericolo, con un conseguente calo drammatico nei tassi di vaccinazione.
Anche il quadro culturale del Giappone gioca un ruolo significativo. C’è una forte enfasi sulla salute olistica e una preferenza per rimedi naturali, con molti che vedono i vaccini come qualcosa di innaturale o rischioso. La riluttanza ad adottare vaccinazioni di routine per alcune malattie, come la parotite, che non ha un programma nazionale di immunizzazione, illustra ulteriormente questo atteggiamento cauto.
La manifestazione di Ariake è un promemoria dell’interazione complessa tra storia, cultura e politica che definisce il panorama vaccinale del Giappone. Affrontare l’incertezza vaccinale richiede non solo di migliorare la comunicazione sulla salute pubblica, ma anche di costruire fiducia attraverso la trasparenza e il coinvolgimento della comunità. Il futuro dell’accettazione dei vaccini in Giappone dipende da quanto efficacemente il governo e la società possano contrastare il crescente sentimento anti-vaccinista e ricostruire la fiducia pubblica nella sicurezza e nella necessità dei vaccini.