Hayao Miyazaki, cofondatore dello Studio Ghibli, è considerato uno dei massimi maestri dell’animazione mondiale. Ma la forza delle sue opere non risiede solo nella bellezza visiva o nella potenza narrativa: Miyazaki ha sempre usato l’animazione come uno strumento di resistenza culturale. Le sue storie sono finestre aperte su un mondo alternativo, in cui si criticano il consumismo, la devastazione ambientale e le ingiustizie sociali, pur mantenendo uno sguardo poetico e profondamente umano.
Nato a Tokyo nel 1941, durante la guerra, Miyazaki ha vissuto un’infanzia segnata dalle contraddizioni della ricostruzione postbellica giapponese. L’esperienza della guerra, unita alla figura ambigua del padre – direttore di un’azienda aeronautica che produceva parti per aerei militari – ha lasciato un’impronta profonda sul suo immaginario. In età adulta, durante gli anni ’60, lavorando per la Toei Animation, Miyazaki si avvicinò a ideologie marxiste, partecipando attivamente a movimenti sindacali. Questo background politico non ha mai assunto una forma didascalica nei suoi film, ma ne ha plasmato i valori fondamentali: l’antiautoritarismo, l’empatia verso i più deboli, la denuncia dell’avidità umana.
Il capitalismo, nelle sue opere, è spesso rappresentato come una forza invisibile ma opprimente. In La città incantata (2001), vincitore dell’Oscar, Chihiro viene risucchiata in un mondo governato da una logica mercantile in cui tutto ha un prezzo, persino il nome e l’identità. No-Face, la creatura solitaria che diventa mostruosa solo dopo essere esposta all’avidità degli altri, incarna perfettamente il vuoto affettivo generato dal desiderio di consumo. Miyazaki stesso ha dichiarato in un’intervista che il film era una risposta al modo in cui le giovani generazioni stavano crescendo in un mondo sempre più spinto verso l’efficienza e la produttività, a scapito della lentezza, della contemplazione e del contatto con la natura.
Ed è proprio la natura l’altra grande protagonista delle sue storie. L’ambientalismo non è solo un tema ricorrente, ma una vera e propria filosofia estetica ed etica. In Princess Mononoke (1997), la lotta tra gli spiriti della foresta e l’avanzata della civiltà industriale non è una semplice dicotomia tra bene e male. Lady Eboshi, leader dell’industria, non è un villain classico: aiuta i lebbrosi, dà lavoro alle donne emarginate. Anche qui, Miyazaki rifiuta le semplificazioni e mostra la complessità della coesistenza tra progresso e natura. Il suo messaggio è chiaro: non esistono soluzioni facili, ma solo un fragile equilibrio da cercare continuamente.
Studio Ghibli, fondato nel 1985 insieme a Isao Takahata e Toshio Suzuki, è stato il rifugio creativo dove questa visione ha potuto esprimersi senza compromessi. Miyazaki ha sempre rifiutato l’idea dell’animazione come puro intrattenimento per bambini. I suoi film parlano a tutti, bambini e adulti, e si rifiutano di spiegare troppo o semplificare. Non ci sono eroi invincibili né finali perfettamente lieti: ci sono personaggi in crescita, spesso spaesati, che imparano ad ascoltare il mondo e gli altri. Studio Ghibli ha anche rifiutato molte logiche commerciali: pochi sequel, pochissimo merchandising spinto, e una dichiarata diffidenza verso Hollywood (celebre la sua imposizione di “no cuts” quando Princess Mononoke fu distribuito negli Stati Uniti).
Miyazaki non è mai stato un regista “neutrale”: le sue opere sono politiche, anche quando parlano di spiriti, castelli volanti o bambini che volano con una strega. L’animazione, per lui, è un linguaggio con cui si può (e si deve) dire qualcosa di importante. È resistenza: alla banalità, alla superficialità, all’ingiustizia. È memoria e, al tempo stesso, promessa.
Ancora oggi, dopo l’uscita de Il ragazzo e l’airone (2023), Miyazaki continua a raccontare storie che parlano al cuore e sfidano l’intelletto. I suoi film non insegnano cosa pensare, ma ci ricordano che pensare è necessario. E che la bellezza, l’incanto, la gentilezza sono forme radicali di opposizione a un mondo che vorrebbe renderci tutti uguali, veloci, consumatori. Hayao Miyazaki ci invita invece a essere lenti, curiosi, e profondamente umani.