Tumori al cervello, grandi passi avanti nella neurochirurgia

ROMA (ITALPRESS) – I tumori al cervello sono tra i più temuti e difficili da trattare. L’incidenza è in lieve ma costante crescita, anche a causa dell’aumento dell’età media. In base agli ultimi dati dell’AIRTUM, le nuove diagnosi di tumori cerebrali sono circa 6.000 all’anno. La diffusione è maggiore tra le donne, anche se è negli uomini che si riscontrano le forme più aggressive della malattia. Contrariamente agli altri tipi di tumori, anche quelli benigni, proprio a causa della loro localizzazione, possono compromettere funzioni importanti per l’organismo, per questo la cura tempestiva e la chirurgia sono così importanti. Sono questi alcuni dei temi trattati da Francesco Signorelli, professore ordinario di neurochirurgia dell’università Aldo Moro di Bari e direttore dell’unità operativa complessa di neurochirurgia dell’azienda ospedaliera universitaria consorziale Policlinico di Bari, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“La neurochirurgia è nata da sveglio, durante la seconda guerra mondiale non avevamo le capacità anestesiologiche di adesso e si procedeva con gli interventi da sveglio – ha esordito – Si è tornati a operare molto da sveglio, ora c’è la possibilità di preservare gran parte delle funzioni cognitive del nostro cervello come linguaggio, orientamento, sensibilità, memoria: tutte queste funzioni hanno localizzazioni ben precise nel cervello, che noi dobbiamo immaginare come un mosaico”.
Il professore si è soffermato su un focus legato agli interventi al cervello: “Il cervello non è innervato, se lo tocchi non hai alcun tipo di sensazione. Sono innervati tutti gli involucri che circondano il cervello, lo sono la meninge e l’osso, l’anestesista sa come fare per renderli insensibili – ha spiegato Signorelli – Il dolore è praticamente pari a zero, ai pazienti dà invece fastidio il fatto di essere immobili a lungo”.
“Sono interventi lunghi, da quando entra a quando esce il paziente, però la parte clou dell’intervento deve durare poco, perchè il paziente non può essere cooperante al 100% per più di un’ora o un’ora e mezzo – racconta -. Il paziente parla costantemente con noi, ha un microfono, noi siamo in contatto con lui durante l’intervento. C’è una collaborazione all’interno del team che si perfeziona nel tempo ed è indispensabile – ha aggiunto spiegando come gli interventi chirurgici al cervello non possano prescindere da un lavoro di gruppo – Io devo conoscere qualcosa di neuropsicologia, il neuropsicologo deve conoscere i tempi chirurgici. E’ necessario avere un team, o non si può procedere”.
“La neurochirurgia ha fatto grandi passi in avanti. A Bari, per quanto riguarda la mia esperienza, 200-250 interventi all’anno riguardano i tumori cerebrali – ha sottolineato – Tanti possono essere guariti, altri in attesa di nuovi progressi che si fanno ogni giorno vengono tenuti sotto controllo”.
Sulla credenza che riguarda la presunta pericolosità dei cellulari: “Dal punto di vista scientifico non ci sono assolutamente dati in favore del fatto che i cellulari possano avere una qualche associazione con lo sviluppo di tumori cerebrali, assolutamente no – ha assicurato Signorelli – Invece le esposizioni agli idrocarburi sì: una malattia polmonare può indirettamente colpire il cervello”.
E sui sintomi che dovrebbero indurre il paziente a rivolgersi a uno specialista: “Il mal di testa è aspecifico, ma uno strano e non abituale, che ti sveglia la notte e si associa a sonnolenza o vomito, o se c’è una crisi epilettica, allora sì che può portare a rivolgersi allo specialista, oppure una sensazione di disorientamento, blocco del linguaggio, disturbi della vista”. Infine, sui possibili sviluppi della neurochirurgia: “L’intelligenza artificiale può dare la possibilità di trattare una mole di dati enorme per incanalarli e cercare di curare in maniera sempre più personalizzata – ha concluso – E’ questione di poco tempo”.

– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).

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